Autori sconosciuti hanno distrutto dieci viti Chardonnay nei terreni del campus dell’Università di Verona a San Floriano in Valpolicella nella notte tra il 12 e il 13 febbraio. Tra di esse c’erano cinque viti NGT sperimentali e cinque piante di controllo che erano state piantate solo lo scorso autunno. Queste sono le prime viti NGT in un esperimento di campo in Europa.
Il campo di prova appartiene al progetto di ricerca Vitea del gruppo di lavoro di genetica agraria dell’Istituto di biotecnologia dell’Università di Verona, guidato da Mario Pezzotti e dallo spin-off universitario Edivite.
Un possibile motivo potrebbe essere la resistenza agli organismi geneticamente modificati (OGM), poiché il campo di prova era contrassegnato con un apposito cartello. Tuttavia, gli scienziati sottolineano che non si tratta di OGM, ma di piante che sono state mutate deliberatamente utilizzando tecniche di Evoluzione Assistita (TEA). Questo metodo imita le mutazioni naturali e le potenzia in modo mirato. L’obiettivo è sviluppare varietà di vite resistenti e ridurre così l’uso di pesticidi.
“Le viti TEA non sono piante OGM,” ha spiegato il professor Mario Pezzotti, coordinatore del gruppo di ricerca di genetica agraria. “Le mutazioni avvengono come in natura, solo in modo mirato. Oltre ai test di laboratorio, abbiamo bisogno anche di test sul campo.”
La distruzione delle viti ha suscitato una vasta condanna. Eugenio Tassinari, presidente dell’associazione sementiera italiana Assosementi, ha descritto l’incidente come “un attacco a decenni di lavoro di ricerca e all’intero settore agricolo e alimentare italiano.” Garlich von Essen, segretario generale dell’associazione sementiera europea Euroseeds, ha criticato l’attacco come “inaccettabile” e ha sottolineato che l’innovazione scientifica non deve essere bloccata dalla paura o dall’ideologia.
(ru / Decanter, Millevigne)
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